Psicoterapia

Intendo la psicoterapia come un’occasione per costruire nuove possibilità per il tuo futuro, che adesso non riesci a vedere da te.

Un processo di conoscenza e di cambiamento che si costruisce passo dopo passo, in uno spazio libero da preconcetti e giudizi, in cui condividere nuovi ragionamenti a partire dalle tue idee: su te stesso, sul mondo, in merito alle domande che non trovano risposta, oppure alle risposte che hai trovato ma che non ti soddisfano a peno. È uno spazio in cui raccontare preoccupazioni, paure, fragilità, ma anche i tuoi successi, aspirazioni e obiettivi personali.

Il lavoro che svolgo si fonda proprio su questo, sulla possibilità, sempre presente, di trasformare una situazione che consideri irrecuperabile o difficile da comprendere o scomoda.

E la terapeuta? Mi considero soprattutto una facilitatrice nel processo di riconoscimento delle strategie più utili per poter perseguire il proprio benessere, un aiuto professionale per comprendere come metterle in campo in modo efficace, trasformando le modalità poco funzionali che spesso vengono mettiamo in campo senza accorgercene o pensando che possano rivelarsi utili.

Un altro ingrediente centrale della psicoterapia per me sono senza dubbio le domande: quelle che ti poni tu, quelle che posso porti io e quelle che si costruiscono insieme, magari proprio dove prima c’erano delle certezze, che però ingabbiavano. Le domande non portano necessariamente con sé una risposta “vera” oppure un dubbio, anzi, sono il motore per conoscere e individuare punti di vista efficaci sui più diversi aspetti della tua vita.

Come tendo a interpretare gli eventi che mi accadono o che faccio accadere? Quali sono le intenzioni che mi spingono maggiormente ad agire e a prendere decisioni? Quali sono i ruoli attraverso cui la mia identità trae forza? Quali difficoltà sperimento a esercitarli e come superarle? E se un ruolo importante venisse meno, su cosa posso appoggiare l’idea che ho di me e il valore che mi attribuisco?

Questi sono solo alcuni esempi sparsi delle domande che possono essere utilizzate per costruire insieme gli obiettivi del percorso psicologico e comprendere quali direzioni (anche di cambiamento) intraprendere.

Nel Modello Interazionista, di cui mi avvalgo nel mio intervento, l’obiettivo è infatti quello della promozione del benessere, attraverso la riscoperta guidata delle risorse personali (che possono essere sottostimate oppure utilizzate in modo poco utile). Esse costituiscono la potenzialità di ogni individuo ed è possibile individuare diverse strategie per accrescerle e usarle nel gestire ciò che genera malessere… anche quando non sembra, una soluzione c’è e la possiamo trovare insieme!

A chi mi rivolgo? Ad adulti, adolescenti e coppie che

  abbiano a difficoltà relazionarsi con gli altri
  sperimentino ansia, stress o vissuti depressivi senza riuscire a gestirli
  stiano attraversando un momento di crisi personale o lavorativa sentendosi privi degli strumenti per superarla e decidere quale nuova direzione intraprendere
  non accettino parti di sé, del proprio corpo o del proprio carattere
  stiano facendo difficoltà ad affrontare alcune sfide scolastiche o professionali
  non riescano a individuare obiettivi per il proprio futuro o facciano difficoltà a raggiungere quelli identificati
  non riescano ad abbandonare abitudini negative (come nel caso delle dipendenze) per sé e per chi li circonda
  vivano situazioni di conflitto con parenti, amici, vicini o altre persone della loro vita

Questions & Answers

Come funziona?

Dove si svolgono i colloqui?

In presenza a Spinea, in Provincia di Venezia, a dieci minuti dalla stazione e a Padova città. Oppure online, tramite le più utilizzate piattaforme (come Skype, Google Meet o Zoom).

È possibile utilizzare una modalità mista, in presenza e online.

Come si struttura e quanto dura un percorso di psicoterapia?

Cadenza, durata e numero delle sedute non sono fissati a priori.

È possibile personalizzare il percorso in funzione degli obiettivi condivisi nel corso dei primi incontri e delle necessità di ognuno, pur sempre tenendo conto dell’efficacia del percorso stesso.

Devo per forza parlare del mio passato?

Il nostro passato è come lo raccontiamo. Che cosa vuol dire? Che tutto ciò che ci è accaduto ha un significato particolare in funzione del senso che gli attribuiamo, dunque certi eventi passati, anche apparentemente simili, possono assumere valori molto differenti per te e per qualcun altro.

La risposta è allora no, non è detto che per il significato che gli attribuisci tu, renda necessario parlare del tuo passato, della storia unica e irripetibile di cui sei portatore o portatrice. Solo se lo valuteremo insieme potrebbe accadere che vengano raccontati eventi passati, relazioni finite o certi periodi della tua vita. Per alcune storie ad esempio può accadere che il lavoro terapeutico risulti tanto più efficace tanto più si entra nel merito si aspetti presenti e futuri, non passati!

In ogni caso non sarai mai forzato o forzata a condividere qualcosa di cui non ti senti di parlare.

Cosa fa sì che l’ansia, i vissuti depressivi e il mio malessere passino?

Ti pongo io una domanda. Cosa è per te “ansia”? Per rispondere potresti parlare di preoccupazione, mancanza di respiro, tensione, pensieri che si affollano… tante cose. E questo per tutte le etichette “diagnostiche” che potremmo elencare e che usiamo comunemente per parlare del malessere psicologico.

Bene, è allora innanzitutto necessario sottolineare che in sé queste parole non significano nulla. Ognuno può attribuire il termine “ansia” a esperienze personali molto diverse da qualcun altro che dice di provare anch’esso “ansia”. Dunque no, non possiamo dire che sia il terapeuta a togliere o far passare l’ansia, lo stress o la depressione, in quanto di per sé… non esistono.

Ad esempio un sinonimo efficace di “ansia” potrebbe essere la parola “attesa”. Attesa di qualcosa di positivo o di negativo, che ha una certa probabilità di accadere, che possiamo sovra o sottostimare, che possiamo essere perfettamente in grado di definire oppure no, ma che certamente, attendiamo. Già lo scenario cambia no?

È così che si può “stare meglio” allora, ponendosi nuove domande che ci permettano di osservare in maniera diversa quello che non ci fa stare bene, trovando le risorse, le modalità interattive e le strategie migliori per affrontare ciò e perseguire il nostro benessere!

Il lavoro è estremamente individualizzato proprio perché non esiste un unico modo di “stare male” e dunque è necessario co-costruire un percorso ad hoc per te, per poter perseguire il tuo benessere.

Io non so descrivere quale sia il problema, forse non c’è un reale problema, ma non sto bene, è possibile fare qualcosa?
Quali sono gli ingredienti che “fanno un problema”? Non è facile rispondere e questo perché non esistono ingredienti uguali per tutti.
Siamo abituati a pensare alla psicoterapia come un percorso per “gente problematica”, che soffre, piange, ha perso persone care o sperimenta sintomi tormentosi. Ed è anche tutto questo, se è questo che serve.

Non tutte le forme di malessere si manifestano così, o sono conseguenti ad accadimenti negativi.
Ogni situazione o evento “problematico” possiamo considerarlo tale solamente in relazione al modo in cui vi attribuiamo valore e significato. Ci sono situazioni dove non riusciamo ancora a trovare le parole per dire cosa non vada… e a volte nemmeno è necessario.

Per rispondere alla domanda dunque sì, anche in questi casi possiamo individuare modalità e strategie per perseguire il tuo benessere. Anzi, a volte ciò che non riusciamo a nominare così precisamente, può essere trasformata e superata con più facilità!

Io non sento nulla che non vada. Però vorrei essere diverso, vorrei riuscire a fare di più, sentirmi migliore. È possibile?

Sfatiamo un mito: dallo psicologo non vanno i matti (che poi, quali matti?).

L’utilità di un percorso di psicoterapia sarebbe riduttivo relegarla al “togliere un sintomo”, “ridurre un malessere” oppure “cambiare parti di sé che non vanno”.
La terapia può avere obiettivi molto più ampi e sfaccettati, tesi al perseguimento del tuo benessere… e ciò che per te significa “benessere” non corrisponde necessariamente a ciò che altri intendono con questa parola. Tutto si può costruire a partire dalle tue richieste ed esigenze.

Dunque, anche chi desidera avviare una consulenza per individuare nuovi obiettivi, o perseguire in modo efficace quelli che ha già, migliorare se stesso, anche solo in alcuni aspetti (pensiamo per esempio al saper prendere decisioni o alla possibilità di interagire in modo più efficace sul lavoro o in amore) troverà giovamento da un percorso altamente personalizzato e volto a sviluppare le proprie risorse e competenze personali, attraverso la facilitazione della terapeuta.

Finirà mai il percorso di terapia? Come si capisce quando è il momento giusto per concludere?

Sfatiamo un mito: la psicoterapia non dura quantomeno degli anni, questo anche se i problemi durano da tanto tempo.

La durata del percorso dipende dalla meta e dai mezzi a disposizione per raggiungerla.

Nel mio modo di lavorare dunque la durata è in funzione degli obiettivi che condivideremo inizialmente (che nel corso del lavoro possiamo rinegoziare al cambiare dei tuoi bisogni), raggiunti i quali si può valutare di pattuirne altri o concludere il lavoro. Ci sono terapie molto efficaci che durano solo alcuni mesi o addirittura alcuni incontri, nulla è già definito a priori.

Un altro elemento rilevante sono le strategie e le tecniche che gli approcci più moderni, come il Modello Interazionista, mettono a disposizione, permettendo di aumentare l’efficacia degli interventi e dunque di ridurne la durata.

Per quanto riguarda la decisione di concludere la terapia, è utile sottolineare come questa venga sempre presa insieme, prima o durante la fase di monitoraggio, in funzione di ciò che mi racconterai, di come stanno andando le cose, della progressiva facilità a usare in modo autonomo strategie, modalità, risorse, su cui si è lavorato insieme.

Quando il percorso finirà, riuscirò a farcela da solo o da sola?

Una parte che considero molto importante del lavoro terapeutico è il monitoraggio. Si tratta di quella fase nella quale si dilazionano gli incontri e si lavora per farti acquisire sempre più autonomia nell’utilizzo delle strategie, modalità, risorse, su cui avremo lavorato insieme, per mantenere lo stato di benessere acquisito. È preludio della fine del percorso e come quando si impara ad andare in bicicletta… si lascia la presa progressivamente.

La chiusura della terapia con me non è mai un evento inaspettato, si inizia a parlarne anche mesi prima, per spunto tuo o mio, saggiando pian piano l’idea e verificando su quali aspetti sia utile lavorare ulteriormente. È un momento condiviso tanto quanto le altre fasi del percorso.

Dunque si, riuscirai a farcela da solo o da sola in quanto avremo costruito le condizioni per farlo, con i tempi più adeguati. Inoltre… la terapeuta non sparisce! C’è sempre la possibilità di svolgere incontri, anche singoli, per condividere avvenimenti o particolari aspetti, momenti di fragilità, anche quando sembra di aver fatto dei “passi indietro”. È tutto assolutamente normale e lo si può affrontare. Fin quando non ce ne sarà più bisogno.

Mi spaventa la prospettiva di intraprendere questo percorso, quanto sarà impegnativo?

L’approccio con cui ognuno affronta e vive il percorso di psicoterapia dipende da tanti fattori, come ad esempio il motivo per cui decide di iniziarlo, le tematiche da affrontare in virtù degli obiettivi pattuiti, gli eventi che accadono e che si è chiamati ad affrontare nel corso della vita durante la terapia, che possono sorprendere, spiazzare e alcune volte far sembrare tutto più complesso.

Provando comunque a delineare una risposta il più utile possibile mi sento di dire che sì, è un percorso impegnativo (il che non vuol dire necessariamente difficile, doloroso, in cui è obbligatorio mettere in discussione tutto di te… ma forse in certi momenti potrà essere anche questo) che richiede costanza, a volte pazienza e spesso la disponibilità a mettersi in gioco dentro a ragionamenti che possono sembrare scomodi o bizzarri. Possono esserci momenti dove le domande che andremo a condividere saranno più delle risposte, ma come ho scritto anche in precedenza sono le domande il motore della ricerca e del cambiamento, non le risposte.

È importante ricordare che non sei solo o sola in questo percorso e nelle sue fasi più difficili, che ci si può fermare insieme, riflettere, decidere come affrontare certi argomenti, con impegno.

Per cui penso proprio di poter scrivere che sì, è molto impegnativo, ed è giusto sentirsi preparati a questo, ma senza spavento, capiremo insieme come affrontare l’incertezza.

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